Erasi l'anno 2
La combriccola al completo (quasi) a bagno nel mar morto

La combriccola al completo (quasi) a bagno nel mar morto

Sulle rive del

Sulle rive del "mar morto"

Quattro chiacchiere sulla spiaggia

Quattro chiacchiere sulla spiaggia

Sull'isola dei nudisti

Sull'isola dei nudisti

PRIMOSTEN _ II° parte

Scendemmo e cominciammo la passeggiata con l’intento di trovare un posto dove sistemarci. Ma, che strano, man mano che ci addentravamo in spiaggia, notammo che la maggior parte delle persone era nuda o con pochi abbigliamenti a coprirli. Eravamo finiti in un’isola per nudisti? Evidentemente era così anche se non avevamo visto cartelli che ne indicassero la natura. Di fatto poi, la nudità non era obbligatoria come potemmo constatare.

E come in tutte le cose, anche qui si vedevano belle figure affiancate da altre che avrebbero sicuramente ottenuto un risultato migliore se avessero mantenuto l’abbigliamento. Ma tant’è. Mentre stavamo riposando (ed ammiccando, ammettiamolo,) sia noi che le nostre consorti, notammo una coppia vestita di niente che usciva dall’acqua e si avvicinava alla nostra postazione. Una vista piuttosto piacevole in cui la parte più insolita era fornita dall’uomo. Un bel fisico, niente da dire. Devo dire che non ci feci troppo caso e neanche gli altri, almeno credo. Dopo un po' di tempo ci eravamo abituati e anche noi scendemmo in acqua per il bagno.

Riprendemmo poi il nostro motoscafo e, dopo alcune sciabordate a zonzo per altre località, facemmo ritorno al nostro albergo. A cena l’argomento principale riguardò l’escursione in battello con particolare riferimento alla sosta, piuttosto lunga, all’isola degli svestiti (il termine nudisti era troppo scontato). Pian piano, venne ricostruita nei dettagli tutta l’attività alla quale avevamo assistito in spiaggia, particolari assolutamente ignorati (dai maschietti) tipo “avete notato che … Si ma la ragazza con quel bikini di sua figlia…, quella che volendo fare l’esibizionista…

Un momento di silenzio poi : ma, quel bell’uomo uscito dall’acqua vicino a noi, avete notato che portava un anello al ...naso? Al naso? Ma sì, non al naso naso, l’altro naso. E quale? E va bé, allora siamo proprio tonti. Avevano capito anche i ragazzini che confermarono col loro sorriso complice. Ciò scatenò un coro di assenso da parte del gentil sesso con dovizia di particolari che mi erano assolutamente sfuggiti così come agli altri maschi della combriccola, almeno questo è quello che è emerso dalla ricostruzione e dall’accusa di falsità che venne appioppata al sesso forte.

Chiuso questo spicchio di argomenti, destinato a ritornare nel tempo (talvolta ancora adesso), tanto per toglierci il buon umore che ci aveva donato la giornata trascorsa, riprendemmo con le solite critiche all’alimentazione che non era migliorata. Il giorno seguente era in programma una escursione al “mar morto” che non è proprio il mar morto bensì un lago anche abbastanza grande che ha le stesse caratteristiche dell’originale, vale a dire non si affonda.

Ma questo particolare non mi convinse alla diretta sperimentazione preferendo ammirare gli altri che si esibivano in tentativi di andare sott’acqua venendo quasi sempre frustrati.

Partenza dei primi vacanzieri e recite non preparate

Intanto era giunto il momento di riprendere la via di casa da parte dei nostri amici che dovevano rientrare. Dispiaciuti, i restanti, contenti, quasi, i partenti un po' invidiati da noi tutti rassegnati al nostro destino.. Bé, non esageriamo adesso. La situazione, a parte l’alimentazione, non era poi così brutta. (ai, iaiai iaiai) Così credevo!!.

Scena conviviale in sala da pranzo, almeno così avrebbe dovuto essere per un gruppo di amici in vacanza. Ma il fuoco covava sotto la cenere (ogni tanto un proverbio per sdrammatizzare…)

Al susseguirsi delle portate manco se fossimo stati da Trimalcione (reminescenza di cene pantagrueliche a casa di un antico romano), il malumore (eufemismo) montava vieppiù all’amico rimasto, fino a raggiungere l’apice all’arrivo di pietre vestite da pere con le quali si sarebbe potuto giocare a bocce.

Improvvisamente l’amico scatta in piedi, viso terreo, e si dirige a passo spedito verso la reception dove stavano operando degli addetti. Noi, colti di sorpresa da una inaspettata veemenza, avemmo difficoltà ad intervenire subito. L'amico intanto  stava inveendo non contro gli addetti ma verso l’organizzazione rea di essere rimasta inattiva in seguito alle rimostranze della maggior parte degli ospiti.

Delle frasi rivolte in quel frangente, una  mi colpì più delle altre : si riferiva al tipo di alimentazione riservato agli ospiti dalla struttura dicendo (anche questo è un eufemismo) che “( il cibo che ci propinate tutti i giorni, a casa nostra, (intendendo in Italia) verrebbe rifiutato anche dai porken "

La frase fu sicuramente recepita dagli addetti e la “protesta” andò avanti per un bel po' senza intervento da parte dei responsabili della struttura. L’amico piano piano si calmò. Inutile dire che lasciammo la sala seguiti dagli sguardi dei commensali direi palesemente partecipi al “discorso” tenuto dal nostro amico. Giusto, sbagliato? Certamente provocato, al limite della sopportazione che ad un certo punto ha trabordato. E’ stato l’unico che ha avuto il coraggio di intervenire mentre gli altri “pecoroni”, io compreso, subivano mugugnando ma senza fare qualcosa in più di una blanda protesta.

Smaltita la collera riprendemmo la nostra attività. Vista la situazione che si era creata, decidemmo che alla sera saremmo andati a cena alla “Gostoina” non lungi dall’albergo. Bisognava comunque andare in macchina e decidemmo di usare il Peugeot anche se eravamo in sei. Mangiammo piuttosto bene, se non ricordo male anche delle costate o carne alla brace molto gustose.

Rinfrancati dalla buona alimentazione, anche nello spirito, riprendemmo la via di casa dopo intervento di usuale martellamento per avviare il motore. (ai, iaiai iaiai. Adesso basta che porta iella!!!). Detto fatto!! Dopo qualche km, improvvisamente notiamo che l’illuminazione diminuisce. Anzi, proprio si stenta a vedere. Illuminazione con qualche problema. Meno male che abbiamo…, avevamo un’illuminazione potente coi nostri fari. Perché avevamo? Perché, per solidarietà con l’illuminazione stradale, anche quella automobilistica si affievolì per poi sparire del tutto. Buio completo o quasi visto che qualche lampione faceva ancora servizio!!

In macchina, il nuovo spettacolo fece ridere i pargoli che recepirono il lato buffo dell’accaduto presto supportati anche dai grandi escluso il “manovratore” cioè me stesso. Anzi, ero piuttosto inc… Accostai di lato, in una posizione tutt’altro che rassicurante.

Non mi venne di meglio che scendere dalla vettura e soddisfare un bisogno che si era fatto impellente, illuminato dalla fioca luce del lampione ancora attivo dicendo nel frattempo “ridete ridete tanto siamo in una brutta situazione. C’è poco da ridere!!

Che si fa adesso? Non mi ricordo bene come avvennero le cose. So che l’amico, in qualche modo raggiunse l’albergo con gli altri occupanti la vettura per poi tornare a riprendermi con la sua macchina.                         L’artista

Nel tragitto di rientro discutemmo di cosa fare. Non che ci fossero molte alternative. Bisognava far aggiustare il mezzo. Il giorno appresso, ci informammo di dove avremmo potuto portare la macchina facendo presente che i giorni per far riparare l’auto erano pochi quindi bisognava trovare qualcuno di competente e veloce nell’intervento. Ci indirizzarono ad una autofficina che per fortuna era specializzata per auto a marchio Peugeot.

Col mio amico vi ci recammo chiedendo del proprietario. Si avvicinò, quasi fluttuando come fosse un angelo ( non so se si muovono così) un etereo personaggio che accondiscese al nostro saluto espresso come fosse quasi una riverenza. Ascoltò il nostro racconto, meditabondo, poi parlò anzi, proferì parola che rende meglio la scena. “Caso difficile, io studia. Tu torna domani che io dico. Forse ordinare pezzi a Zagabria. Quanto tu stare qui?” Ancora quattro giorni gli dico. “Forse possibile. Tu vieni domani” Mormorando delle frasi sommesse e incomprensibili per noi umani, si allontanò quasi benedicendoci.

Più terra terra ed un po' perplessi dopo questa parentesi di misticismo, tornammo in albergo. Essendo ancora presto per il pranzo, io e il mio amico andammo in spiaggia mentre i restanti del gruppo erano in piscina. Ci sedemmo e restammo un po' in ammirazione del paesaggio, invero molto bello, senza parlare. Non c’erano molte persone ancora, qualche gruppo sparuto, dei singoli, qualche famiglia.

Improvvisamente : “Tvude chiel lì. A le “un meis ca le sì”

che tradotto vuol dire " lo vedi quel signore? E' un mese che é qui"

Colto alla sprovvista non feci subito caso a questa affermazione fatta dal mio amico che peraltro era accanto a me e non stavamo parlando di niente. Eravamo assorti nei nostri pensieri. Mi voltai verso di lui che rimase impassibile. Allora riavvolsi il nastro e rielaborai l’affermazione guardandomi intorno. E lo vidi.

Avete presente uno scheletro come quelli che usano nelle scuole a disposizione  degli studenti? Ebbene, la persona che era poco discosta da noi, in slip ed in compagnia di un altro signore, era più magro di uno di questi scheletri che nei suoi confronti si poteva dire obeso.

Impressionante. Ma non riuscii subito a concentrarmi sullo stato di quel poveretto evidentemente con problemi di salute. Scoppiai invece a ridere seppur in modo sommesso per non essere irriverente nei confronti di quel personaggio. Non rido facilmente, neanche in modo sommesso ma non potei trattenermi. Il contesto dell’ambiente in cui era stata pronunciata faceva chiaramente riferimento a quello che sarebbe potuto capitare a noi se la nostra permanenza si fosse prolungata. E poi il modo in cui era stata profferita la frase, cogliendo l’attimo senza dare indicazioni o segnando la persona in modo esplicito e non facendo commenti se non dopo un po' di tempo, ha creato quel momento in cui la parte umoristica ha prevalso su quella tendente alla commiserazione.

Ad avvalorare questa convinzione fu anche il fatto che, riportato l’episodio agli altri componenti, non sortì nessun effetto di ilarità. L’amico che l’aveva profferita ha questa facoltà, che lo rende attento a cogliere l’aspetto più appropriato alle circostanze.

  Effetti delle “chiacchierate” con la direzione e preparazione al rientro

Il giorno dopo, ci presentammo a pranzo con l’atteggiamento di chi pensa “e adesso vediamo un po' cosa succede” facendo chiaramente riferimento a quanto successo in precedenza. Orbene le cose stavano prendendo una via migliore.

Non dico che ci furono serviti manicaretti ma comunque rispetto al passato le cose sembravano andar meglio. A suffragio di ciò, quando il figlio dei nostri amici disse a sua mamma che avrebbe gradito un piatto che non era in lista, si sentì rispondere che “poiché non era in lista, non potevano ordinarlo”. Al che, miracolo, una voce dietro di noi, il cameriere di sala addetto alla nostra tavola disse “c’è, c’è ordinatelo pure”. Visto che la “chiacchierata” dei giorni precedenti, che chiuse il periodo di lamentele e proteste, aveva sortito un primo effetto? Intanto, ci avvicinavamo al giorno della partenza.

Era ora di andare a riprendere la macchina. Avevamo telefonato e il guru ci aveva detto che era pronta ed andammo quindi a riprenderla. Il proprietario ci disse che “Problema molto difficile. Io fatto grande intervento, adesso tutto ok. Tu vai tranquillo” Questo preludeva sicuramente ad una richiesta un po' esosa. Discutemmo un po' e ci accordammo, con palese sofferenza del soggetto. Scoprimmo poi che il problema consisteva nella sostituzione delle spazzole e del solenoide (va a sapere cosa sono!!) Me lo spiegò poi il mio amico molto più competente di me in materia. Come supponevamo non era niente di così importante ma tant’è, non potei far altro che pagare.

Salutammo il guru che sembrava ci impartisse la benedizione e rientrammo constatando che il tutto funzionava davvero. Quasi quasi mi dispiaceva per il martelletto di avviamento. Era ormai diventata routine consueta e decisi di non restituirlo al concessionario. E giunse il giorno della partenza. Un bilancio dell’avventura? Sì, qualche problema lo abbiamo avuto ma col buonumore che ci accompagna sempre quando siamo con i nostri amici, abbiamo superato le difficoltà. Avevamo visto posti ancora semi vergini, bellissimi paesaggi destinati però ad essere quasi distrutti dalle guerre che ormai bussavano alle porte.

Ma non abbiamo ancora finito il racconto del viaggio, manca un piccolo divertente particolare. Man mano che ci avvicinavamo al confine, l’atmosfera di contentezza che ci aleggiava intorno divenne più intensa. Poco oltre il confine, c’era un Autogrill dove, senza neanche accordarci, ci fermammo subito. Improvvisamente, vidi il mio amico che, aperta la portiera della macchina, si precipitò (bé, proprio precipitò non direi ma a passo spedito sì) verso l’ingresso dell’Autogrill senza neanche richiudere la portiera.

E poi, si prostrò a terra alla mussulmana baciando il suolo e levando le mani al cielo. Si è convertito all’Islam pensai, magari è una cosa che covava da tempo e non ce ne eravamo mai accorti. No no, molto meno complicato ma più eclatante : passato il momento di commozione, era il suo modo di ringraziare, chi non si sa, per averci fatto rientrare in Italia. Non era ancora ora di pranzo ma entrammo nella struttura e chiedemmo se potevano servirci un buon piatto di spaghetti anche fuori orario. Ce li fecero di buon grado forse intuendo le pene che avevamo passato con l’alimentazione. Anzi, ci dissero che questo fatto si presentava ormai da un po' di tempo.  Molti clienti  raccontavano cose simili a quelle occorse a noi. Era un problema ricorrente in molta parte dei Balcani. Terminammo quindi il pranzo con un buon caffè e rientrammo alle nostre dimore senza ulteriori inconvenienti.

Il giorno appresso, mi recai dal concessionario per esternargli le mie rimostranze per i problemi causati dalla macchina  chiedendogli il rimborso di quanto pagato per la riparazione. Ero disposto a perfezionare l’acquisto del mezzo come avevamo concordato purché avessimo dedotto le spese sostenute ma non ci fu verso. Allora mi feci restituire l’assegno che gli avevo staccato come caparra  chiudendo di fatto la trattativa per un possibile acquisto di un’altra vettura.

Fine della seconda parte che chiude questa monografia. Ci vediamo alla prossima avventura.... ma questa é un'altra storia.

Ciao a tutti