Amsterdam


Appunti di viaggio - VI° puntata Amsterdam

Trascorse così un altro anno. Era il 1963 quando, lasciata la Superga, approdai in Lavazza, fatto che segnò, oltreché un passo avanti nella mia carriera professionale, anche un evento più importante dal punto di vista affettivo : conobbi una ragazza che sarebbe poi diventata mia moglie dopo un lasso di tempo abbastanza breve, 7 anni!!. (Punti di vista!!! ma questa è un’altra storia). Tornando a noi, per quanto concerne i viaggi, stavo pensando di dar seguito all’idea di continuare con gli spostamenti in Europa partendo da Amsterdam, dipinta come la capitale della trasgressione verso tutti gli aspetti della vita, da noi ancora poco diffusi tipo consumo di droga, libertà sessuale, assenza o quasi di discriminazione razziale ed altre cose, senza dimenticare peraltro i numerosi musei ed il fascino della città distribuita su circa 90 isole solcate da 100 canali e e collegate da 600 ponti. Amsterdam era detta anche “la Venezia del nord” appunto per queste sue caratteristiche ambientali Incuriosito da tutto questo, cominciai a vedere se, tra i miei amici, ci fosse qualcuno interessato ad intraprendere questo viaggio ma, come mi aspettavo, le risposte furono tutte negative con le più disparate spiegazioni, peraltro non dovute.


Carta geografica alla mano, note esplicative relative all’Olanda e ad Amsterdam in particolare, stesi una traccia dell’itinerario e delle cose più importanti da vedere in tre o quattro giorni e stetti ad aspettare. Aspettare cosa? Senza dubbio, in senso figurato, il tempo che passava e mi avvicinava via via alla data di partenza. Il tempo non come entità astratta ma una cosa concreta che mi portava con sé, come fosse un treno diretto verso la località di arrivo, raggiunta dopo fermate intermedie che ne rallentavano la corsa. Tempo il cui scorrere cercai di velocizzare uscendo più frequentemente con gli amici e coltivando altri interessi, oltre al lavoro, che mi occupavano la giornata, già di per sé molto impegnativa. Un po' stanco dopo tutto questo da fare, due o tre giorni prima della partenza, preparai le valige dopo aver dibattuto con mia madre e mia sorella (ma più mia madre) che mi voleva equipaggiato come se dovessi andare al Polo Nord dopo aver trascorso qualche settimana ai Tropici!!! Raggiungemmo un sofferto compromesso e, finalmente, due giorni dopo salii effettivamente sul treno diretto ad Amsterdam che raggiungemmo dopo circa 18, 20 ore di viaggio.


Lungo il percorso abbiamo attraversato la campagna olandese, una distesa enorme di terra coltivata con, qua e là, dei colori sgargianti che disegnavano il terreno ammantandolo di tinte tra ocra e giallo oltre ai tradizionali tulipani di color rosso acceso, enormi quadri a cielo aperto, bellissimo colpo d’occhio. Oltre allo spettacolo che ci veniva offerto, mi soffermai un momento a pensare che, tutta la distesa di prati e terreni che si estendevano a vista d’occhio, era “ tutta terra rubata al mare” con immense opere di bonifica e deviazioni o cambiamenti di percorso delle acque unitamente a massicci riporti di terra per creare delle isole coltivabili. Un’opera mastodontica e ininterrotta, ancora in esercizio ai nostri giorni con tecniche non del tutto dissimili da quelle utilizzate nel tempo passato. E poi eccoli : svettanti come fossero emersi dal terreno al quale erano ancorati, enormi e non, di colore bianco e non, con grandi pale roteanti che catturano il vento per asservirlo alle necessità umane, isolati o in batterie : i mulini a vento. Storicamente, i mulini a vento olandesi avevano molte funzioni. La più importante era probabilmente pompare l’acqua dal terreno per reimmetterla nei fiumi al di là delle dighe, per ottenere terreno coltivabile. Nel quattordicesimo secolo i mulini vuoti all’interno erano usati per far funzionare enormi ruote che prosciugavano i terreni acquitrinosi. IAd Amsterdam c’è il Mulino de Otter, l’unico mulino-segheria ancora in attività. Esistono oltre mille mulini a vento in Olanda; alcuni sono ancora utilizzati per il prosciugamento del terreno, ad esempio un paio dei diciannove mulini di Kinderdijk. ora restaurati, sono tornati a macinare il grano, e sono anche un museo, a testimonianza della storia dei  mulini a vento nella zona. I pochi ancora in attività stanno per perdere la loro energia : i palazzi intorno si fanno sempre più alti, quindi le pale dei mulini non possono più catturare tanto vento quanto in passato. Intanto il treno, dopo questa breve dissertazione storica con la quale vi ho intrattenuto, ha raggiunto la sua meta : Amsterdam Centraal Station dopo circa 19 ore di viaggio.


Uscito dalla stazione, arrivo su una enorme piazza prospiciente la stessa dove fanno l’occhiolino molti hotel. E’ già piuttosto tardi e non ho molta voglia di mettermi a cercare per cui, adocchio un albergo che mi sembra abbordabile ed entro. Per fortuna è un grande albergo e c’è molto personale. Sicuramente parlano anche Italiano. Così è e non faccio fatica a prenotare la camera il cui prezzo, viste le mie risorse, fa qualche danno ai miei limitati mezzi. Mai fidarsi delle apparenze!! Potevo chiedere prima. La prossima volta farò una ricerca più accurata. C’è sempre da imparare Il mattino seguente, munitomi di cartina topografica raccattata in hotel e chiedendo qualche consiglio al personale (si intuiva che indottrinare i turisti era la loro attività principale) mi avviai sulla piazza che brulicava già di persone, biciclette e macchine che sfilavano alcune lentamente, altre in modo frettoloso ma tutte ordinate e rispettose dei segnali. Bella dimostrazione di ordine controllato. Ma da chi? Mi guardai intorno per vedere come erano sistemati i semafori ma non ne vidi alcuno.


Possibile? Stetti a guardare per qualche minuto finché non notai, verso il centro della piazza, una palina stradale, così sembrava, piena di cartelli in legno indicanti vari itinerari. I cartelli sembravano vivere animati di vita propria perché si alzavano ed abbassavano ciclicamente dando indicazioni agli automobilisti che si muovevano rispettando i tempi dettati dai cartelli. Scoprii subito dopo, che erano manovrati da personale specializzato in questo tipo di attività. In realtà, il compito degli operatori era facilitato dal fatto che ad Amsterdam ci si muove prevalentemente in bicicletta e coi mezzi pubblici  Non c’era perciò un minutaggio di attesa fisso per le non numerose auto in transito ma erano gli operatori che lo determinavano in base ai flussi tenendo ben presente che, oltre alle auto la strada brulicava di persone con o senza bicicletta. Incredibile ma tutto funzionava come un orologio e queste manovre erano diventate una attrazione turistica tanto che molte persone si fermavano ad ammirare le “evoluzioni” degli addetti. Cominciai a sospettare che fosse una cosa attuata ad arte e solo in quella piazza, forse non mi sbagliavo. Valeva la pena però di fermarsi un po' a godersi la scena.


Dopo questo intermezzo quasi teatrale, mi diressi verso la prima meta della giornata, il museo dedicato a Van Gogh riflettendo sulla storia della città e della sua fama di essere tollerante che vien fatta comunemente risalire agli anni 60-70 del secolo scorso quando migliaia di hippie e squatters si trasferirono qui da ogni parte d’Europa. In realtà, Amsterdam è sempre stata una città multiculturale  e permissiva (con precisi paletti) : Le droghe leggere sono legali, la prostituzione è tollerata e c’è una legislazione avanzatissima in materia di diritti civili. Tuttavia queste aperture convivono con altrettanti divieti che, specie negli ultimi anni, si son fatti via via più rigidi, a tutela dell’ordine pubblico e della qualità della vita.  che è altissima anche per la presenza di numerosi musei (circa 40 in una città che fa meno di un milione di abitanti). Raduno e manifestazione di hippies Uno dei canali nel quartiere a luci rosse Con la compagnia delle mie riflessioni, giunsi al museo di Van Gogh dove potei ammirare uno dei suoi dipinti più famosi : i mangiatori di patate oltre a numerosi altri capolavori di cui il museo è depositario.


Tra gli altri numerosi ed importanti musei visitabili c’è quello dedicato ad Anna Frank che è più di un museo ma è conosciuto come “La casa di Anna Frank” perché visitandolo, ci si trova immersi in un’atmosfera che ci riporta agli anni 40, quando il mondo era sconvolto da una guerra sanguinosa e crudele dove l’aspetto umano e il sentimento di umanità e comportamento civile, pur nel contesto del momento, non esistevano più. Non sto a riassumere le vicissitudini vissute dalla ragazza in quegli anni, perché immagino che le conosciate come o forse meglio di me e perché isola da quanto mi sto accingendo a narrare. Basta l’accenno per ricordare.   Riprendendo il mio girovagare, mi dirigo verso Piazza Dam che, mi hanno detto, essere un punto di incontro abituale sia per i turisti che per i nativi. Cammino attraverso strade affollate, case verticali e canali… Fermiamoci un momento : case verticali, che vuol dire? Intanto, non tutte sono così ma molte hanno questa caratteristica (si vede bene nella foto sottostante). Il perché risale a molto tempo addietro quando, nei Paesi Bassii, la legge imponeva il pagamento di una tassa che era proporzionale alla larghezza dell’immobile. Per questo motivo i cittadini per farsi furbi iniziarono a sviluppare le case in altezza piuttosto che in larghezza. Ne deriva quindi che le abitazioni sono piuttosto piccole e su più piani. Ciò ha comportato anche la creazione di scale molto piccole e strette che rendono difficile a volte anche salire al piano di sopra. Un’altra caratteristica unica è che, guardandole attentamente, si nota una leggera inclinazione nelle parti finali, che danno l’idea di una casa storta. Ed è proprio così!! La parte finale delle case è tendenzialmente sporgente.  Anche questa caratteristica ha una motivazione precisa. Molti appartamenti erano un tempo dei magazzini, contenevano provviste e merci che venivano spesso calate direttamente nelle imbarcazioni. Per questo sulla cima delle abitazioni si possono notare ancora oggi dei ganci enormi che venivano utilizzati insieme alle carrucole per far salire e scendere di tutto senza che le merci finissero contro le finestre. Le case sono quindi leggermente pendenti in avanti per facilitare proprio questo sistema. Ma stavamo parlando di canali corredati da ponti mobili che attraversano tutta la città letteralmente invasa dalle biciclette che è il mezzo di trasporto più pratico vista la conformazione del territorio.


Dopo vario bighellonare, affascinato dallo spettacolo circostante, giungo finalmente sulla Piazza Dam che si è fatta annunciare da un brusio man mano più incalzante e continuo. Ed eccola in tutta la sua maestosità. Sono alla ricerca del brusio che proviene proprio dalla piazza ed è “opera” degli innumerevoli ragazzi sparpagliati sulla piazza, occupando le scalinate disseminate intorno. E’ il loro interloquire che causa tutto questo trambusto. Qua e là si sente anche della musica proveniente da attrezzi tradizionali ma anche da strumenti inventati lì per lì. Mi fermo un po' ad ammirare la scenografia che sembra montata da un accorto regista e mi guardo un po' intorno Sulla piazza, anticamente dedicata al mercato, si affacciano numerosi edifici tra cui spicca il Palazzo Reale utilizzato ancora adesso dai reali per cerimonie particolarmente importanti. Dista circa 750 metri dalla Centraal Station ed ospita pure dei musei tra cui molto importante è il famoso museo delle cere che riproduce le sembianze di personaggi e rappresentazioni celebri sia olandesi che non. Il pomeriggio se ne sta andando ed è ora di riprendere la strada verso l’hotel. Piazza Dam Piazza Dam e Palazzo Reale sullo sfondo


Però c’è ancora una cosa che devo fare perché su questa, gli amici mi interrogheranno e non devo farmi trovare impreparato!! Ma sì, dovrò fungere da reporter e descrivere o meglio, fotografare tutte le “cose” interessanti che vedrò attraversando il “Quartiere a Luci Rosse” di Amsterdam sul quale mi hanno edotto prima di partire. Guardo l’itinerario sulla cartina e mi avvio attraversando diversi canali, alcuni dei quali dotati di ponte mobile per agevolare il passaggio delle imbarcazioni. Quando vedo un po' più di assembramento e un flusso costante di persone che va e viene fermandosi ogni tanto a guardare e parlare con qualcuno accomodato su un terrazzino dell’appartamento, capisco che sono arrivato. Qua e là lungo la via cominciano ad accendersi le luci che sì, sono proprio rosse ma con diverse tonalità. Intanto la mia intenzione di documentare il più possibile attraverso fotografie, venne subito frustrata da numerosi cartelli di divieto. La presenza poi di numerosi agenti che applicavano pene severe per i trasgressori, sconsigliava di rischiare questo tipo di approccio. Ma gli agenti erano lì perché espletavano anche azioni di controllo su possibili, anzi certe, azioni da parte di abili borseggiatori che si trovano a loro agio soprattutto se hanno a disposizione un dedalo di vicoli che facilitano loro la fuga dopo aver portato a termine “l’intervento”. Bisogna fare attenzione, oltre ai valori personali, anche alle offerte di droghe da personaggi che seguono le persone cercando di interagire soprattutto con quelle sole, come è capitato a me che sono stato importunato più volte anche con offerte di biciclette ed altri tipi di droghe al di là di quelle legali ma così dette leggere.


Abbiamo parlato un po' di tutto dimenticando però di accennare alle “signore in vetrina” che facevano il loro lavoro aspettando richieste senza peraltro farsi alcuna auto-promozione, s”vestite” senza volgarità ma quel tanto che basta per invogliare gli acquirenti a farsi avanti con le loro offerte. Precisando che è anche possibile fare un Tour guidato del quartiere, che mi hanno detto essere molto interessante, ripresi la strada verso l’hotel dove giunsi dopo una passeggiata di circa mezz’ora. Il mattino appresso, parlando con il personale dell’albergo, venni a conoscenza che ad Amsterdam c’è il più grande mercato dei fiori di tutta Europa. E’ un mercato galleggiante, niente a che vedere però con gli omologhi orientali dove, oltre gli stand fissi, la caratteristica peculiare sono le imbarcazioni che solcano i canali portando la merce da vendere in una fantasmagoria di colorii e cicalecci continui. Il Mercato dei Fiori di Amsterdam è una rinomata icona della città e occupa un tratto del canale Singel nel cuore della cintura dei canali, riconosciuta dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità. E’ stato inaugurato nel 1862, quando i coltivatori di fiori portavano la loro merce in città percorrendo il fiume Amstel con delle chiatte. Oggi le chiatte che compongono il mercato sono fisse, ma non per questo lo spettacolo è meno affascinante. Ogni chiatta ospita una serra, una versione ridotta delle serre presenti in tutta la campagna olandese che fanno dell'Olanda un importante polo florovivaistico. Mii incamminai per un itinerario pressoché obbligato soffermandomi frequentemente per ammirare i vari colori che sembravano messi in fila apposta seguendo una gradazione che spaziava da quelli tenui a quelli più scarlatti catturando delle immagini che si imprimevano nella memoria. Il tempo scorreva in fretta e quasi mi ero dimenticato che non potevo trattenermi oltre. Avevo pianificato verso mezzogiorno la partenza per Bruxelles, ultima tappa veloce del mio girovagare di quella lontana estate. 

                                        Fine della- VI° puntata


                                             

             



casa di Anna Frank 



Bellissimo mulino a vento e case verticali